Come smentire i luoghi comuni

Nonostante siano stati fatti enormi passi avanti a livello di cultura sportiva, ancora oggi il calcio a 5 viene, a torto, considerato come il fratello sfortunato del calcio a 11. E’ ovviamente vero come quest’ultimo sia enormemente più diffuso e di gran lunga più ricco, ma anche il calcio a 5 ha ormai raggiunto un livello, una autonomia ed un seguito tale che può e deve essere considerato uno sport a sé stante.

Negli anni passati il calcio a 5 veniva considerato una sorta di passatempo per quanti, avendo lasciato il calcio per limiti di età o di tempo, cercassero uno sport più soft che consentisse loro di divertirsi e tenersi in forma senza un eccessivo stress fisico. Nulla di più sbagliato, dato che il calcio a 5 richiede uno sforzo fisico notevole ed una preparazione adeguata. E’ vero che gli spazi sono più ridotti ma proprio per questo non ci sono pause ed il fisico deve essere in grado di recuperare in tempi molto più brevi; inoltre i continui scatti e i cambi di direzione agiscono in modo tale che bisogna lavorare molto sull’esplosività e sulla resistenza alla velocità.

Da un punto di vista tecnico invece nel calcio a 5 è necessario avere una buona tecnica di base e la capacità di curare alcuni fondamentali poco diffusi nel calcio a 11, come lo stop di suola o il tiro di punta; ma soprattutto bisogna avere una grande capacità di pensare velocemente e una notevole capacità di gestire lo stress mentale, dato che in campo si è sempre sotto pressione e non ci si può permettere leggerezze in nessun momento della gara.

Inoltre in Italia il calcio a 5 è anche uno sport molto decorato, sia al livello di club che a livello di nazionale, dove vantiamo due titoli di campioni d’Europa e quattro podi ai campionati Mondiali.

Infine, a riprova di quanto il movimento sia importante, è bene ricordare come molti grandi calciatori professionisti abbiano avuto trascorsi giovanili nel calcio a 5: atleti come Neymar, Ronaldinho e Iniesta, solo per fare alcuni esempi, sono tutti “figli” del futsal, cresciuti in ambienti dove la cultura del calcio a 11 passa prima da un campo ridotto e da un pallone a rimbalzo controllato.

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